lunedì, novembre 28, 2005

La qui presente scattaistantanee.

Cosa meglio di due porzioni di frittelle di platano per inaugurare l'uso intensivo e condiviso con il mondo della maccina fotografica del fiancé?

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Mattina.

RdM: Zef, c'è una bella intervista a Cofferati su Repubblica. [Zef va e la legge] Zef: RdM, c'è una bella intervista a Cofferati su Repubblica. RdM: Te l'ho appena segnalata io! Zef: Ah, ecco come c'ero arrivato! Buon lunedì a tutti.

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Falso.

L'Alma Ticininensis non rilascia nulla che assomigli a un transcript. Me lo sto facendo io, tirando fuori tutti i quaderni degli anni passati e copiando tutti i programmi dettagliati dei miei quindici-esami-più-matematica-finanziaria-in-sovrannumero. Poi cercherò di farmelo rendere ufficiale con qualche bollo, se piace al Burocrate di Primo Livello. Infine spenderò settanta euro per una traduzione ufficiale - che pure dovrò in parte fare io, visto che la traduttrice non sa di matematica e potrebbe trovarsi in crisi davanti a espressioni tipo "coomologia di de Rham". Mettiamola così: preferirei stare a studiare, non dico il mio Mas-Colell nuovo di auto-regalo-di-non-compleanno, ma pure statistica in francese. Update: Ja, il monumento lo vuoi di cioccolato fondente, bianco o al latte? Guarnito con salsa di mirtilli? Di ribes? O, viste le specialità culinarie della qui presente scribacchina, di panini all'uvetta - o forse preferisci di pane siciliano al sesamo? Fammi sapere.

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giovedì, novembre 24, 2005

Tecnicamente: fa ridere.

Visto che si parlava di doppi sensi matematici, non posso esimermi dal citare Finite simple group of order two, dei Klein Four Group. Perché anche i geek possono avere una boyband. (L'avevo trovato via PlanetMath qualche secolo fa.)

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SBAV.

Ribadisco: sbav. (Via Wittgenstein.) (Non tutti, ché tanto per dirne una Chaplin non mi piace pressoché per nulla, ma io un paio di quelli me li piglierò, prima o poi. Tipo Casablanca - che nella versione italiana è ancora censurato. Ma in generale io mi sciolgo per i film di Bogart - e non ho mai visto Dark Passage. Poi c'è Stagecoach, di cui in Italia non si trova un DVD con versione originale. In Rio Bravo c'è uno dei miei modelli di vita cinematografici. Sono secoli che non vedo To Be Or Not To Be, e se si va sui verbi ausiliari non si può non considerare To Have And Have Not. E nulla mi tira su di morale come qualunque film di cappa e spada, da The Sea Hawk a Captain Blood a Scaramouche. E poi...)

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lunedì, novembre 21, 2005

Traduzioni dal fiancé: il momento-buco.

Una delle delizie della convivenza con il fiancé è la creazione di un linguaggio privato tanto chiaro quanto non logico, nato da facce buffe, onomatopee e scivoloni trasformati in tormentoni. Tra le espressioni al momento più in voga nelle chiacchierate di casa si segnala il momento-buco: cioé una frase apparentemente neutra, se non addirittura dolce e tenera, che contiene in sé una possibile lettura (ehm) scollacciata. Un esempio culinario: "Ma quanto mi piace la salsiccia in mezzo alle patate!" (Variazioni ittiche sono possibili.) Un esempio termico: "Certo che hai le mani fredde!" "Mah, a me pareva di essere calda." Un esempio di bricolage: "Dobbiamo usare il trapano in camera da letto." L'esempio da cui l'espressione: "Solo tu sai riempire i miei buchi." (Non ridete troppo forte, qui si sta ancora sprofondando.) E così via. Da due settimane ne capita almeno uno al giorno. E io ho ormai abbandonato il mio colorito pallido per un deciso bordeaux...

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domenica, novembre 20, 2005

Il matrimonio di John Huston Finley IV.

Non gli è stato facile presentare a mamma la dolce metà: in una famiglia bostoniana di solida tradizione repubblicana ("fino al secondo mandato di Bush") non è banale portare in casa qualcuno di sicura fede democratica, tanto più se viene dall'Alabama. Ma i due, che si sono conosciuti per comune interesse nella teologia (John è anche candidato pastore), si sono subito trovati al di là delle differenze politiche. Due anime complementari, "zucchero e limone". E quindi, eccoli sposi - due volte, cerimonia civile e religiosa: perché le tradizioni sono importanti per tutti e due. Nella foto, due sorrisi che risplendono. John arriccia pure il labbro superiore, quasi che non gli bastasse, che dovesse sorridere per due - aspetta, probabilmente è proprio così. E si intuisce che questo matrimonio vada da intendersi proprio per tutta la vita. È proprio una delizia, val la pena di leggersela tutta qui la storia di come, dopo dieci anni, sono arrivati a scambiarsi gli anelli John Huston Finley VI e Carl Stanley McGee.

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giovedì, novembre 17, 2005

How many roads must a game-theorist walk down/3

Non posso cincischiare oltre: la scrittura dello Statement Of Purpose infesta i miei sonni. Devo scrivere chi sono, da dove vengo, e dove voglio andare. Devo scriverlo abbastanza bene da convincerli che mi vogliono dare una chance. Ho l'impressione che sia la volta in cui devo fare i conti con le mie n vite passate, e con quel che voglio fare da grande. Il che potrebbe suonare più o meno così.
"Sono una matematica. A dodici anni volevo calcolare i meccanismi di quel che facevano gli esseri umani, perché a capire quel che si implicava che io dovessi fare son sempre stata un po' imbranata. Sono stata indecisa tra il liceo classico da brava bambina e l'istituto tecnico in cui si faceva tanta matematica e tanta tecnica; ho scelto il primo un po' perché sono una secchiona e mi piaceva l'idea di imparare il greco antico, un po' perché ero una fifona terribile. Mi sono piuttosto annoiata, tranne che per un paio di poeti greci e per un po' di grammatica greca; ho imparato a vendere aria fritta in maniera solleticando le aspettative del mio acquirente. Ho letto Guerra e Pace identificandomi con Pierre Bezuchov, il che mi ha cambiato la vita. A diciassette anni ho scoperto di saper dimostrare da sola un paio di teoremi di trigonometria: il che era divertente, e serviva a far fare una figura di merda davanti a tutta la classe a quell'idiota della prof. Mi sono iscritta a matematica pensando di diventare un genio dell'algebra astratta. Non lo ero. Un paio di stronze che sceglievano le compagnie in base all'utilità accademica sono riuscite quasi a togliere ogni gioia dalla faccenda. Avevo una media più che buona. Stavo in un gineceo, pardon, collegio di merito. Facevo dei corsi paralleli, alcuni dei quali trattavano di modelli matematici: ero l'unica nella classe a divertircisi, mentre gli altri li seguivano solo perché faceva figo essere nel gruppo dei migliori studenti e dirne male. Intanto scrivevo recensioni cinematografiche su una rivista di discreto successo. Intanto l'avevo anche messo in quel posto a due linfomi, il che mi aveva fatto diventare decisamente meno fifona. Al terzo anno mi sono iscritta all'indirizzo teorico, sempre convinta di fare l'algebrista. Al secondo semestre ho scoperto la teoria dei giochi, e mi sono ricordata perché volevo fare matematica. Non mi sono ancora ripresa da quanto è bella, la TdG, e spero di non riprendermici mai. Al quarto anno ho domato più che degnamente esami a proposito di operatori, di spazi di funzioni e financo di martingale. Come anche durante il terzo anno, ho fatto la semi-esercitatrice del corso di algebra. Intanto i postumi dei linfomi si sono combinati nel mettermi nel buio più completo per due anni, in cui il mio risultato migliore è stato non suicidarmi. Ne sono uscita. Il professore che mi ha introdotto alla TdG mi ha aspettato, e mi ha dato di che rimettere in moto il mio cervellino. Mi sono smazzata un corso di topologia algebrica, un corso di topologia differenziale e una buona dose di giochi evolutivi quasi tutta da sola. Mi hanno detto che sono stata molto, molto in gamba a farlo. L'uso degli strumenti matematici più astratti nel tentativo di cogliere l'essenziale della realtà più quotidiana fa felice il mio cervellino bislacco. E ci sono così tanti problemi da risolvere, così tanti teoremi da affinare, lì fuori. E non è detto che tra tutte queste ipotesi ad hoc non si capisca pure qualcosa davvero, in fondo la vita è continua almeno quasi ovunque, e alla fine tanto stiamo in un sottoinsieme limitato in R^n. Poi, in realtà non ne so così tanto. Voglio imparare, per questo mi metto vostra disposizione: sono giovane e tosta e pronta a molto. So che ci sono posti, ad esempio da voi, dove queste cose che mi fanno felice si studiano non da soli, ma insieme ad altra gente. Altra gente, wow. Non mi pare vero di poter non essere più così sola quando studio. La mia carriera accademica dovrebbe darmi una solida base per i suddetti strumenti matematici; per la realtà ce la metterò tutta (ho pure iniziato a leggere la Microeconomic Theory di Mas-Colell, Whinston e Greene). Vi prego, fatemi dottoranda da voi. Ps: Sono pure un'ottima cuoca."
(E l'Ineffabile è sparito. Potrebbe essere a Vienna, ma anche no. Deve scrivermi la sua parte di lettere di raccomandazione. Non deve pensare che io mi stia ponendo obiettivi assurdi - per quello basta la mia strizza.)

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domenica, novembre 13, 2005

Gnozi seauton.

Fiancé: C'è un pazzo che ha guardato i sei Guerre Stellari uno accanto all'altro. RdM: Beh, io avrei potuto farlo, a quindici anni... Fiancé: (sguardo scettico) RdM: ...pure a diciotto... Fiancé: Stronzate, pure adesso. (M'ha messo addosso una gran voglia di maratona, altroché...)

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Digestivo.

Quella pizza con cipolla e salsiccia ha chiesto il suo tributo al vostro stomaco? Ecco qui il rimedio casalingo di zia Marta: quella che nella casa della qui presente scribacchina va sotto il nome di l'acquetta. Le proporzioni: Una tazza abbondante d'acqua. 1/4 della scorza di un limone. 3 chiodi di garofano. 1 foglia di alloro (non fondamentale, ma aiuta). Mettere in un pentolino, portare a ebollizione, abbassare la fiamma al minimo e lasciar sobbollire ancora per cinque-dieci minuti. Versare nella tazza, bere non appena possibile. Io di solito ne faccio la dose 1 e 1/3, in un bicchierone da 33cl (all'Ikea ne vendono di bellissimi, resistenti al calore e più o meno a tutto). La cipolla e salsiccia (ma anche quel fritto un po' truffaldino) sono state sempre ridotte alla ragione.

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venerdì, novembre 11, 2005

C. e la riforma.

Dal lunedì al venerdì, C. si sveglia alle sei e mezza. Va in ufficio dalle nove alle cinque. La sera, studia. Nei weekend, studia. E trova pure il tempo di dare una mano (gratis) per un paio di cause a cui crede. Ah, sì: C. vive da sola, nella casa che si mantiene con i soldi del suo lavoro. Le ultime vacanze di C. sono state "andare a far ricerca sul campo per la tesi". C. è all'ultimo esame. Lo sta ripetendo a raffica da un anno e qualcosa - un anno in più di tasse, un anno in più di mezzi pubblici (senza agevolazioni per studenti, ovvviamente: perché per l'AziendaTrasportiMilanesi gli studenti lavoratori non esistono), un anno in più di salti mortali con i capi per poter prendersi un giorno per andare a fare l'esame (quando invece altri hanno organizzato una tre giorni romana per i funerali di Woytila non ci sono stati problemi: ma passiamo oltre), last but not least un anno in meno per fare cose che le interessino di più. C. ripete l'esame, dice, un po' perché è un esame duro, un po' perché è impossibile sapere esattamente quale sia il programma. C. vorrebbe che la docente le suggerisse due testi in più per recuperare quel che non sa non avendo potuto seguire le lezioni (l'ufficio dalle nove alle cinque, ricordate?); la docente dà un solo programma per frequentanti e non. (Parentesi autereferenziale: Ecco, C. è una degli esseri umani che stimo di più nella vita. Punto. Non è un genio, non è una compagnona irresistibile (anche se a volte ha uscite che ti fanno rotolare dalle risate per due giorni). È una a cui ti affideresti a occhi chiusi, e una che non vorresti mai deludere. È una a cui non starai mai dietro. È la quintessenza del tipo umano alla cui altezza la qui presente scribacchina (figliadipapà nonostante tutti i suoi sforzi in senso contrario) non si sentirà mai; e incidentalmente è anche una che non se la tira per più di un picosecondo. Fine della parentesi.) C. mi sembra la quintessenza dello studente universitario per cui la sinistra (se non chiunque desideri che il mondo diventi un po' migliore) dovrebbe battersi. Per cui la sinistra mi aspetto che si batta. In un Paese decente. In una sinistra decente. (Sinistra...? Do you remember? Quella dei diritti dei soggetti più deboli? Di quelli che hanno solo catene da perdere e il mondo da guadagnare? Sì? Sinistra? Eh?) Poi uno si stupisce vedendomi incazzata come una biscia alla lettura di questo, sentendomi andare avanti per ventiquattr'ore a borbottare "La tua riforma? La tua [censura] mentale, [ari-censura], ma [suggerimento di attività di difficile attuazione dal punto di vista geografico e fisiologico, da attuarsi con suddetta proposta di riforma]...". Ora, forse sono io in cattiva fede: ma a me le proposte del tazebao qui sopra linkato suonano terribilmente come "Vogliamo farci i cazzi nostri spesati dal pubblico a vita". Il che mi sta anche bene: se hai quindici anni, l'ormone rampante, e la vicina di banco con l'ombelico fuori che esce con Tafano ma non con te. Ma, diamine, sei all'università. Ti prendi la responsabilità di fare politica. Cazzo, cresci. Guarda il mondo fuori dalla tua cameretta. Vedrai che è bello, anche se devi mettere in lavatrice le tazzine di caffé che hai bevuto senza aspettare mamma. Vedrai che è pure divertente. Vedrai che è quasi esaltante, quando riesci a ottenere qualcosa per merito tuo. Merito, sì. Non genio, non perfezione, non essere-sempre-sfolgorante[1]: fare abbbastanza bene da ottenere qualcosa con le tue forze, ogni tanto. Per un esempio, puoi sempre dare un occhio alla faccia raggiante di C. quando ha trovato un nuovo documento per la sua tesi. [1] Se c'è qualcosa che mi dà fastidio quasi fisicamente nella riforma Moratti è la separazione dei percorsi di studio, quel meccanismo per cui se a quattordici anni hai deciso di fare il tecnico (per mille ragioni: compresa magari la maturità di riconoscersi poca voglia di studiare - come se al tecnico si studiasse necessariamente poco, poi...) sei tutta la vita di seconda classe. Se invece hai fatto latino, eh, allora sei naturalmente un fine intellettuale. Ma va' a da' via i ciapp, sciura Letìzia.

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martedì, novembre 08, 2005

Strudel salato di pasta di mandorle alla zucca.

(Da un paio di idee di Allan Bay.) Parte prima: la pasta. 70g di mandorle, 70g di grana: tritarli finissimi; unirli a 130g di farina. Impastare con un uovo e un tuorlo (tenere da parte l'albume), un cucchiaino scarso di sale, un cucchiaio d'olio, acqua tiepida quanto basta (potrebbe non essercene bisogno tout court). Avvolgere in uno strofinaccio umido, appoggiare su un sottopentola; scaldare una pentola e usarla, rovesciata, per coprire a campana l'involto della pasta per 20 minuti. Intanto: il ripieno. Far appassire nel burro 1/4 di cipolla (circa, la cipolla è un gusto personale), rosolarci 200g di zucca tagliata a cubettini e due cucchiai di uvetta secca ammollata per circa due minuti, poi aggiungere un po' di vino e far stufare altri dieci minuti. Per finire, aggiungerere un paio di foglie di radicchio rosso tagliate sottili e far stufare per altri cinque minuti. Stendere la pasta su una spianatoia ben infarinata con un mattarello altrettanto ben infarinato. Portarla attentamente su della carta da forno e stenderla ancora un po'. Metterci sopra quel che avete appena finito di passare in padella (cipolla-zucca-uvetta-radicchio), arrotolare, spennellare con l'albume messo da parte sbattuto con un po' di latte, fare quattro tagli sulla superficie. Infornare a 180° per 40 minuti circa. Buon appetito.

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domenica, novembre 06, 2005

Le meraviglie della casualità.

Ho appena scoperto che Carro di Elio e le Storie Tese si attacca perfettamente alla battuta "Non mi inganno...! Ella scende!" del Trovatore di Giuseppe Verdi / Salvadore Cammarano come cantata da Rolando Panerai nell'edizione diretta da Herbert von Karajan. E a pensarci bene, potrebbe avere anche un suo senso nello svolgimento drammatico dell'azione. (Servi della Gleba avrebbe ancora più senso, ovviamente.) Update delle 4:43. Pure il passaggio tra il "Nun nahe dich mir!" dell'Ondina nel Rheingold wagneriano (dir. Boulez) e Thelonious Monk è stato un bel momento.

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Dilemma.

Sono arrivati i risultati del GRE. Molto bene la parte quantitative (800/800), bene la verbal (640/800: nel 10% dei risultati migliori comunque), decisamente non bene l'analytical writing (4.0/6: solo il 30% ha fatto peggio). Ora, a parte il desiderio di fare del male fisico e psicologico a quel coglione di scienziato politico che ha fatto casino mentre io stavo cercando di scrivere i miei temi, un dubbio: lo rifaccio o no? Contro al rifarlo: la spesa (in parte ammortizzata da alcune condizioni al contorno), la voglia di riprendere in mano la scrittura dei pallosissimi temi "da GRE" a zero, un minimo di scetticismo sulle mia possiblità di alzare il risultato di più di un punto (che comunque è meglio di niente), il rischio di abbassare quell'800, e soprattutto il dedicare a questa ri-preparazione tempo altrimenti occupato (ad esempio) a studiare un po' di matematica vera. A favore: la mia testa dura, la mia cronica insicurezza (non è in contraddizione con il punto precedente), e soprattutto il mio desiderio di essere presa in una università (ahem) con i controsperoni - il che in molti casi sembrerebbe implicare una valutazione del risultato dell'analytical writing nel processo di ammissione. Colonna sonora: Ella Fitzgerald, I Can't Give You Anything But Love.

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mercoledì, novembre 02, 2005

R.Estodelmondo.

Mechanical Artificial Replicant Trained for Accurate Mathematics, Adept Repair and Immediate Assassination (restodelmondo era troppo lunga, rdm troppo breve, e questa mi ha fatto troppo ridere.) via Typesetter e altri.

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martedì, novembre 01, 2005

How many roads must a game-theorist walk down/2

Giusto per avere qualche dritta per il giorno in cui dovrò piombare nella segreteria studenti dell'Alma Ticiniensis alle otto di mattina, carica di caffeina più che quando ho consegnato la tesi, incazzata come una tigre albina e pronta a lottare contro il burotauro che manco la Sposa in Kill Bill vol.2: Oh, gentili lettori e passanti che, dopo esservi laureati in Italia, siete andati all'estero a fare un master/dottorato: come diamine avete fatto ad avere quel documento, richiesto da tutte le università straniere e non rilasciato ufficialmente da nessuna università italiana, che va sotto il nome anglosassone di transcript? Grazie. E se aveste anche qualche idea per la traduzione del transcript suddetto, la gratitudine cresce geometricamente.

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