martedì, agosto 29, 2006

Avvocatina chiede che cosa non vada nell'articolo del Corriere su Perelman. E io, presa tra il mio lato contestatore e il mio lato esteta (ché la matematica è bellezza e precisione, eccetera), non riesco a non risponderle.

"Un grande matematico, un genio e *quindi* anche un personaggio alquanto bizzarro."
Noi (noi matematici quadratici medi) siamo cresciuti tutti con le affascinanti avventure di quei mattacchioni di Pitagora il vegetariano, Newton il maniaco depressivo, Galois che si fa ammazzare a vent'anni in duello per una ragazza, Kurt Goedel che cerca di dimostrare l'esistenza di Dio, e così via. Ed è mediamente vero che in un dipartimento di matematica sono socialmente accettabili originalità che in altre situazioni sarebbero considerate fuori luogo: per restare sul superficiale, penso a un dress code mooolto informale, piuttosto che a gente che segnala la propria presenza in studio con una statua da giardino di Grande Puffo incazzato fuori dalla porta.
Detto ciò: i matematici non sono tutti matti. Ripeto: i matematici non sono tutti matti. E nel caso non fosse chiaro: i matematici non sono tutti matti. Nemmeno i geni.
I signori Tao, Werner e Okounkov, ad esempio, mi sembra che siano esseri umani mediamente equilibrati. E sono probabilmente geniali tanto quanto il signor Perelman.
E questo valga per tutti i passi dell'articolo in cui si sottolineano le stramberie del Nostro, scopiazzando male un lungo e dettagliato articolo del New Yorker. (Articolo su cui si è scatenata una discussione tra blog di matematici, puntualmente. Un buon punto di partenza per un tour è da Massimo Morelli.) (Sull'abitudine della media dei giornalisti italiani di viaggiare al limite del plagio malfatto non mi soffermerei in questa sede.)

Ma veniamo al punto grave: la totale ignoranza matematica dell'autore dell'articolo. Si intuisce quando scrive:
"un problema di matematica topologica"
Ora, la topologia è una parte della matematica - della geometria, per la precisione: anche se poi la Congettura di Poincaré è in quell'area che collega topologia e algebra (e si chiama, con grande originalità, topologia algebrica). Non dico che un giornalista debba sapermi recitare la dimostrazione del teorema di Brouwer: ma se scrivi di matematica sapere che un'espressione come "matematica topologica" non ha senso fa parte della cultura di base. (In realtà dovrebbe far parte della cultura di base a prescindere, ma - beh, è una vecchia faccenda.) Ma i veri brividi sono tutti verso la fine dell'articolo:

"Si tratta di una teoria della topologia, una scienza che studia la natura dello spazio multidimensionale."
(Urlo di dolore.)
Va bene che quel che un matematico chiama spazio è qualcosa di molto astratto e generale (e non ha necessariamente a che vedere con il cosmo - non credo che il signor Dragosei lo sappia), ma gli spazi che si studiano usualmente sono tutti multidimensionali. A dimensione 0 c'è solo il punto, su cui c'è relativamente poco da dire (infatti è considerato un caso "banale" - in inglese "trivial" - è un termine tecnico). Peraltro, se c'è una branca della matematica in cui i punti sono meno banali, quella è la topologia. Comunque: la topologia non studia "la natura dello spazio". Quella la studiano dei filosofi con troppo tempo da perdere. (Scusate. Non ce l'ho fatta.) I topologi cercano di descrivere le proprietà di forme e spazi e funzioni tra questi trascurando qualunque considerazione che coinvolga - la sto mettendo giù alla brutalona - misure dello spazio e angoli. Quel che resta è un mondo in cui ciambelle e tazze da té sono la stessa cosa. (Fanno tutti lo stesso esempio - ok, diciamo che la topologia studia perché si possono mettere prima i calzoni e poi i calzini, o le autoreggenti, ma non prima i calzoni e poi i collant.) Comunque: potete andare a leggere qui.

"La Congettura sostiene che in tre dimensioni, è impossibile trasformare una forma a ciambella in una sfera senza romperla. E' invece possibile allargare o restringere fino a trasformarla in una sfera qualsiasi forma che sia senza un buco."
Prendetevi un istante per apprezzare le virgole messe lì alla cavolo, e il periodare da bella lì raga. Ecco, fatto. Dicevamo.
Quel che la Congettura dice è (più o meno) che se fa quack come una sfera - pardon: se le si gira intorno come a una sfera - allora è una sfera.
Come detto sopra, in topologia non abbiamo metri per prendere misure. Però abbiamo sempre una cordicella che si può far passare intorno alle forme: non avremo dei centimetri, ma dei cammini possibili sì. (E intanto non dobbiamo preoccuparci dei centimetri. Visto che bello?) Questi cammini sono un discriminante fondamentale, da un punto di vista topologico. Ad esempio: se cerchi di legare con una corda una palla, la palla ti può sfuggire. Se prendi una tazza e la leghi passando per il manico, non ti sfugge a meno che la corda o la tazza non si rompa.
La congettura di Poincaré dice (alla brutalona, sempre) che se un oggetto a tre dimensioni si comporta da questo punto di vista come una sfera in tre dimensioni (qualcosa che sta alla palla come la palla sta al cerchio - no, non puoi vederlo se non matematicamente, sì, la matematica è lisergica), allora è una sfera a tre dimensioni.
Tornando all'articolo, avrete già capito che la disitnzione tra ciambelle e sfere (a meno di buchi o rotture: ma allora non sono più ciambelle o sfere) era nota già da qualche tempo a tutti i topologi - e più o meno a chiunque abbia messo piede in una facoltà di scienze.

"Gli altri sei grandi quesiti del millennio sono altrettanto oscuri e sono conosciuti solo con il loro nome: la Congettura di Birch e Swinnerton-Dyer e quella di Hodge; le equazioni di Navier-Stokes; P contro NP; l'ipotesi di Riemann e la teoria di Yang-Mills."
Tutta difficile e oscura la matematica, sì.
Allora: i problemi (non quesiti, non c'è la Susi della Settimana Enigmistica) in questione sono oggettivamente roba tosta. Però basta farsi un giro su Wikipedia - o chiedere a un cugino ingegnere - per sapere che anche se non risolti non sono dei buchi neri. Ad esempio le equazioni di Navier-Stokes sono usate da più di cento anni.
Ah, sì: mi pare proprio che in italiano si dica "P uguale a NP", e il problema sia l'esistenza e continuità delle soluzioni delle equazioni di Navier-Stokes - non le equazioni stesse. Non sono sicura al 100%. Ma se dovessi scrivere un articolo, controllerei con un matematico - al Corriere, per dirne uno, collabora Giulio Giorello, che la sua bella laurea ce l'ha.

Dulcis in fundo, la firma: Dragosei Fabrizio. Cognome e nome.

E qui chiudo. Correzioni e note sono sempre benvenute nei commenti.

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