Sto impegnandomi con tutta me stessa a restare sul divano.
Dovrei risistemare casa, sfornare due pani per domani sera, studiare un po'.
Non lo sto facendo. Mi consolo pensando che sono vestita - con gli abiti da casa, ma almeno non in pigiama. Che ho mangiato uno yogurt greco con una banana e due cucchiaiate di sciroppo d'acero, e l'ho tenuto nello stomaco. Per inciso: era buono, per quel che il mio senso del gusto riusciva a dire. Poi sono riuscita a vedere un'ora senza interruzione di una caciaronata in cui però David Tennant è bòno come una Sachertorte - no, meglio non pensare troppo al cibo, dice il mio stomaco. Ho fatto due telefonate senza avere attacchi di mutismo, e ho addirittura riso quando mia madre mi ha raccontato del soprannome che aveva un suo studente. Sono convinta che domani sera mi divertirò molto.
Nulla di questo è stato banale, e ora sono esausta.
So benissimo che questa non sono io - se non altro perché il cibo e il mio senso del gusto sono due forze pressoché inarrestabili da queste parti.
So benissimo che non è colpa mia, so benissimo di star facendo del mio meglio per seguire tutte le strategie che ho trovato e che mi sono state consigliate per evitare il peggio.
Dove il peggio è - no, lasciamo stare. Per dirne una, nel peggio io non so più leggere, ed è l'ultimo dei miei problemi.
Eppure mi sento in colpa.
Anche se so che probabilmente è solo un ennesimo sintomo.
(Poi passa, tranquilli. E sto diventando bravina a farlo passare in fretta.)