Exit poll.
Ho votato alla Camera quelli che ero quasi certa che perdessero tra quelli che speravo che vincessero, perché alcune loro (e solo loro) posizioni mi sembrano di decenza minima (chiedo troppo, se voglio - come si dice, ecco, sì: pane e rose? Beh, io lo chiedo). Al Senato ho votato quelli che speravo che vincessero tout-court, un po' perché pensavo che ne avessero più bisogno, e un po' di più perché la coscienza (politica? parolona...) della qui presente scribacchina si è formata sotto il sogno di non doversi vergognare del Paese da cui proviene (ahimé, il sogno non pare potersi avverare, tanto che essendo restia a cambiare sogni o coscienza si pensa di cambiare Paese - anche se non è banale; ma questa è un'altra storia), e quello lì proprio avevo problemi a votarlo (anche se lo voterei sempre più di quanto voterei altra gente, anche della stessa coalizione, ché la mia coscienza e non si è formata anche ascoltando Mozart e leggendo Asimov, e quindi pensando che le donne non debbano chinare il capo davanti ai maschi e che la religione non sia una discriminante per una degna cittadinanza). Pare che quelli che speravo che vincessero vincano davvero, e che anche quelli che ho votato alla Camera non se la passino così male. E ora scusate, vado a farmi venire un infarto. (Update delle 21:26. Ecco, io non vorrei dirlo ma: io l'avevo detto (in sede privata, ma c'è chi può confermare). Vado a farmi una camomilla e trascrivere i dati del volo per Londra di domani.)