giovedì, febbraio 02, 2006

Premi di laurea, premi di provincia.

Ossia "queste cose le sai, e sai dove comincia / la grazia o il tedio a morte del vivere in provincia". Girando per siti di università italiane, mi sono trovata con una cultura sui premi di laurea nel Paese, tre risate, e un grande sconforto. La cultura resterà fine a se stessa: non ho trovato un premio applicabile al mio campo di lavoro. Non ne faccio un dramma, economicamente sono messa piuttosto bene - anche se penso a un mio omologo con una famiglia meno ricca, e le scatole girano un po'. Lo sconforto e le risate per mascherarlo, invece, sono più profondi - e toccano qualcosa di grave e attuale, anche se non nuovo. Quei premi sono - nella grande maggioranza dei casi - una meravigliosa e terribile lente di tutta la provincia italiana. Dico "provincia" nel bene e nel male: ho fatto un bel po' di anni di università in provincia, molti in un collegio frequentato da ragazze di provincia, di cui una è stata anche la mia morosa per quasi tre anni e mezzo; ora convivo felice con il mio fiancé, che non viene certo da una metropoli - ed è uno dei suoi lati che ho sempre trovato più affascinante. Ma ritorno ai premi di laurea. Si possono individuare in tre categorie fondamentali: "zia Flaminia", "come facciamo le belle cose" e "le meraviglie della tecnica". La prima è: "Zia Flaminia che era tanto buona e tanto brava". La fondazione "Flaminia Madellis"[1], costituita dai nipoti di Flaminia Madellis e dal parroco del paese natale di Flaminia Madellis, premia con mille euro una tesi in lettere sulle poesie di Flaminia Madellis, disponibili solo nelle edizioni "San Secondo Parmense"[2], anno di grazia 1954. Per la cronaca, il premio andrà all'avvertito nipote del parroco suddetto o al suo giovane protegé (non pensate male! è che è tanto un bravo ragazzo, lo segue da quando aveva otto anni e cantava nel coro, l'ha consigliato sull'università e lo consiglierà pure sulla ragazza da sposare per innalzare la sua posizione sociale quando verrà il momento, marriage is the name of the game[3], a maggior gloria di Dio e del paesello natale di cui il signor parroco è l'unica e vera autorità continuata, in saecula saeculorum amen). La seconda categoria si potrebbe chiamare "Come facciamo le belle cose noi nel nostro bel paese", e presenta due sottocategorie: locale e globale. La versione locale è di fatto una variazione sulla prima categoria: la fondazione "Vigolo Vattaro"[4], composta dal sindaco e dai maggiori albergatori di Vigolo Vattaro, nonché dal parroco di Vigolo Vattaro, premia con millecinquecento euro una tesi sui successi dell'imprenditoria alberghiera a Vigolo Vattaro e dintorni. A differenza di quanto accade nella prima categoria, il premio si terrà per due anni in modo da far vincere sia il nipote del parroco che il nipote del sindaco. La versione globale si dà un tono di roba seria: l'associazione italiana produttori tessili di Ospedaletto Lodigiano[5] premia con duemila euro una tesi dal titolo "il successo del tessile italiano sul mercato mondiale nel 2005". Non so chi vincerà, ma non sarà un'analisi di come i cinesi ci stiano facendo scarpe, mutande e pure canottiere. Per finire, "le meraviglie della tecnica". Qui le fondazioni sono nazionali o quasi, o sono aziende, spesso internazionali. I problemi affrontati sono di respiro più ampio. Ad esempio "rapporti di lavoro nel settore del credito" promosso dall'Associazione Bancaria Italiana, o "compilazione just-in-time per Java Bytecode orientata a macchine con parallelismo VLIW" (grazie, fiancé), o "Uso della fotografia aerea in archeologia" (questo lo vinse una mia compagna di collegio). Il premio non andrà al figlio del cugino del presidente della fondazione - alcuni premi lo proibiscono formalmente. Ma, al dunque, qual è il problema? Il problema è che sono tutti legati a titoli molto, molto specifici - e, chiedo scusa per il bisticcio, con tutta la tesi già scritta nel titolo. E sono sempre tesi rassicuranti. Tutto va bene, cari concittadini; siamo bravi e belli tanto che su di noi scrivono tesi di laurea; siamo sempre un modello agli occhi del mondo; Gino, passa il quartino, Gianni, è l'età dell'ottimismo. Non sono - al dunque - tesi di valore scientifico. Non pongono problemi. Non sollevano dubbi, non aprono il campo ad altre tesi e contro-tesi. Sono, nelle parole di uno scienziato vero, cargo cult science. Sono titoli nobiliari che hanno corso legale solo all'interno della valle o della provincia, in un monopoli autoreferenziale e a poco prezzo (e a poco prezzo proprio perché autoreferenziale) che perpetua se stesso identico di generazione in generazione. Il mondo, intanto, va avanti: ma farlo notare è inopportuno, anche se forse sarebbe nell'interesse dei cari concittadini. Fa eccezione la terza categoria. In cui, però, spicca l'assenza di studi di base: è premiata quasi sempre un'applicazione pratica immediata e possibilmente d'effetto. Per fare un esempio nel mio campo (o quasi): su un mezzo centinaio di università, c'è al massimo un premio di laurea per una tesi in analisi funzionale o in topologia algebrica[6]. Ed è vincolato all'aver conseguito la laurea in una università specifica: il che non sarebbe un problema, se i premi di laurea suddetti fossero qualcuno di più, e non rimanesse quel vago retrogusto di autoreferenzialità che, uscita dalla porta, rientra dalla finestra. Cerco di non prendermela troppo e di pensare a Londra. Non penso che sia o sarà il paradiso, per carità. Ma mentre passo in rassegna le borse offerte da quella che potrebbe essere la mia futura università (penso alle borse per gli studenti dei paesi in via di sviluppo, alle borse per gli studi dei rapporti tra donne e istituzioni politiche, alle borse a quattro zeri per gli studenti migliori), mi sembra sempre di più che qui si stia in un eterno limbo, ripetendoci a memoria sempre gli stessi versi di Virgilio - Tìtire tù patulàe recubàns sub tégmine fàci... Una nota conclusiva: la divisione tra materie umanistiche e materie scientifiche conta poco, in tutto questo. Oggettivamente, le tesi di aria fritta sono più in campo umanistico che scientifico: ma credo dipenda in parte dalle maggiori chances per svicolare con aulici discorsi offerti da una materia umanistica (il che va a tutto onore degli scienziati seri del campo, peraltro) e soprattutto al fatto che in Italia la Cultura Vera resta l'erudizione umanistica. Ma questo è un altro discorso, che per quanto parallelo e figlio di questo, mi riserverei per un'altra volta... (Diamo le fonti: una buona parte dell'ispirazione viene da questa pagina: arrivata al "Connubbio [sic] donna/sport" mi sono sentita male.) [1] Vi sfido a beccare questa citazione. Senza Google, che dà solo un risultato in spagnolo. [2] Con tutto l'affetto per San Secondo Parmense, che ha dato i natali a un po' di miei parenti materni. [3] Will Eisner, The Name of the Game, ed.it. Le regole del gioco. Uno che ha capito tutto degli esseri umani, di città e di provincia. [4] Con tutto l'affetto per Vigolo Vattaro, dove le mie zie paterne vanno a camminare tutte le estati da circa ottant'anni. [5] Stavolta è il nonno materno, e così le origini della famiglia sono coperte tutte. [6] Tradotto in materie umanistiche, sarebbe come se non ci fosse nemmeno un premio di laurea per una tesi in filosofia morale. Ora che ci penso, non ricordo neanche un premio di laurea per una tesi in filosofia morale.

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