in risposta, almeno parziale, a questo post di Angelo/The Rat Race.
La fatica maggiore, almeno dal punto di vista logistico, è andarsene dal luogo dove si è nati. Cioé andarsene dalla rete di sicurezza della famiglia-e-conoscenti-di-famiglia che ti suggerisce quale dottore della mutua è buono e quale no, dove trovare le mele giuste per la torta come la fa la zia Pina, a che ora andare in posta per fare meno coda, a che ora andare in posta per trovare l'amico che ti fa saltare la coda... Che sia per andare in Australia o nella provincia confinante, il senso di essere straniero è lo stesso*.
A questa fatica corrisponde un senso di libertà dalla detta rete. Intanto, a una maggiore probabilità di sbagliare corrisponde una maggiore probabilità di trovare gioielli inattesi. C'è poi la libertà dagli obblighi imposti dalla rete: libertà di andare in posta quando vuoi, senza paura di offendere l'amico che ti avrebbe fatto saltare la coda (soprattutto: libertà di non saltare la coda per un privilegio); libertà di fare una torta di mele diversa...
Nel caso dei figli, immagino che la mancanza della rete possa essere ancora più pesante: i nonni-baysitter non ci sono, orientarsi su quale scuola sia migliore senza i racconti di chi c'è passato prima di te può essere un terno al lotto... Però crescere figli - di nuovo - liberi dalla rete** può essere un buon incentivo ad andarsene (lo è per me): figli che non crescono con il "dovere" ereditario di fare qualcosa...
* rimane mitica in famiglia la frase del mio bisnonno quando mio padre gli presentò la mia futura madre: tradotto dal trentino, "dovevi proprio prenderti un'italiana?" Mia madre è un esempio di quel che Bossi chiama "padana", per la cronaca. E non entro nemmeno in quanto un pratese possa essere straniero a Firenze e viceversa.
** almeno dalla rete "imposta" dalla famiglia-e-relazioni-connesse. Muovendosi fuori dal nido famigliare si costruisce, inevitabilmente, una nuova rete: ma è una rete più scelta, quindi più libera, di quella famigliare.