venerdì, febbraio 24, 2006

Amore e politica, di nuovo.

Domani (sabato 25) alle 17, al Centro Culturale Protestante (la saletta della Libreria Claudiana) di via Francesco Sforza 12/a, Milano
Unioni civili, famiglie, coppie di fatto: quando l’amore diventa un problema politico
I diversi modelli di convivenza e di famiglia presenti nella nostra società sono di nuovo al centro dell’attenzione pubblica in seguito alle proposte di riconoscimento civile delle coppie di fatto e così l’amore diventa subito un problema politico, sociale e morale. Chi difende la famiglia tradizionale la definisce spesso “naturale” oppure “cristiana” ritenendola perciò immutabile e intoccabile. Un atteggiamento, questo, che non tiene conto che già nella Bibbia esistono modelli diversi di coppia e di famiglia e che il nostro sguardo sulla natura deve fare sempre i conti con la nostra cultura. Mettere al centro l’amore significa anche e soprattutto rispettare i diritti della persona.
Intervengono Silvia Banfi (avvocato) e Letizia Tomassone (teologa) Non riuscirò ad esserci, ma penso sarà interessante.

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giovedì, febbraio 23, 2006

Perché vale la pena di fare matematica (ed essere una donzella)./10

Anche i signori Mas-Colell, Whinston e Green, trattando di Microeconomic Theory, prendono come soggetto generico una fanciulla (o una signora, diamine, non fa che comprare: deve aver lavorato una vita per fare tutti quei soldi). Mi dicono che sia procedura standard nei libri di economia anglosassoni. Mettiamola così: è comunque piacevole. (Le donne nella bibliografia, invece, sono pochine. Ma diciamolo piano.)

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mercoledì, febbraio 22, 2006

Anni.

È da un po' più di quindici anni che non sto senza controlli medici, quando non ricoveri tout court, per più di un anno. Iniziavo pensare di doverci fare l'abitudine. Iniziavo a farci l'abitudine. E, essendo fondamentalmente sani, non è molto sano pensarsi eternamente legati a un appuntamento annuale con un ospedale. Beh, ieri ho avuto una risposta: ancora tre anni. Il mio ultimo exploit (un non-Hodgkin inerte) ha una finestra di dieci anni per la ricaduta. Sette anni sono passati. Solo tre anni. Sarà meglio che ci faccia l'abitudine, a questo senso di leggerezza, ché qui c'è una vita da vivere e non posso passare tre anni a saltellare per la stanza pensando a qualcosa di troppi anni passati.

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Perché vale la pena di fare matematica./9

Dopo aver descritto la possibiltà di fare i conti alla brutalona senza considerare il teorema sopra dimostrato, e le contraddizioni logiche che questo porta... By this absurdity, the mathematics manage to keep us honest! Sì, con il punto esclamativo. Ditemi se non è commovente. Se vi chiedete da dove la perla: Mas-Colell, Whinston, Green - Microeconomic Theory.

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domenica, febbraio 19, 2006

Perché vale la pena di fare matematica./8

Per frequentare libri in cui è definito "spiacevole" il considerare solo spazi vettoriali su R. Perché a quattro anni da un esame capisci ancora un po' di più il primo capitolo del libro di testo. Forse.

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venerdì, febbraio 17, 2006

E sono centocinquantotto anni...

che italiano non vuol dire necessariamente cattolico. Se il tema vi interessa e domani siete a Milano, potreste passare alle ore 17:00, nella sala attigua alla Libreria Claudiana, via Francesco Sforza 12/a:
La religione della patria - laici e credenti oggi in Italia.
Intervengono: On. Vannino Chiti, coordinatore della segreteria nasionale dei DS; On. Franco Monaco, vicepresidente del gruppo parlamentare della Margherita; Prof. Gianni Long, Presidente della Federazione Chiese Evangeliche in Italia.

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lunedì, febbraio 13, 2006

Perché essere innamorati non è un privilegio.

Martedì 14 febbraio A Milano dalle 17,30 alle 20 in piazza Cadorna. A Roma alle 12,30 in via del Corso, angolo piazza Colonna. A Bologna alle 14:30 in Piazza del Nettuno. A Torino (organizzazione Comitato Torino Pride 2006), presidio volantinaggio di fronte al Museo Egizio alle 17.00. A Cremona alle 18:30 in piazza del Comune, sit–in e volantinaggio. A Brescia dalle ore 14:30 alle 20:00 in corso Zanardelli ang. Palestro, presidio volantinaggio e raccolta firme. A Mantova dalle 16:30 volantinaggio nel centro storico. A Genova in via San Lorenzo, volantinaggio tra le 14:30 e le 17:30. A Trento presidio e volantinaggio in tutte le vie del centro tutto il pomeriggio. A Padova in piazza della Frutta, presidio e volantinaggio ore 10:30–12:00 e conferenza stampa ore 12:30. A Reggio Emilia, volantinaggio durante tutta la serata nei locali giovanili della città. A Ferrara, piazza Duomo e centro storico, volantinaggio tutto il pomeriggio; Ad Ancona volantinaggio tra le 10:00 e le 12:00 in corso Garibaldi e corso Mazzini. A Pesaro, piazza del Popolo, volantinaggio tra le 16:00 e le 19:00. A Perugia, corso Vannucci e Università, volantinaggio tutto il pomeriggio. A Firenze, piazza della Repubblica, iniziativa regionale con volantinaggio tra le 14:00 e le 15:00. Organizzano Arcigay, Arcilesbica e altre associazioni GLBT. Ma non è una "faccenda dei froci" soltanto. È una questione di decenza che tocca ogni cittadino. È l'ampliare un diritto civile perché non diventi un vergognoso privilegio. Passate parola, passate di lì.

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sabato, febbraio 11, 2006

Aspettando la stagione in cui i diritti non saranno inopportuni.

First, I must confess that over the past few years I have been gravely disappointed with the white moderate. I have almost reached the regrettable conclusion that the Negro's great stumbling block in his stride toward freedom is not the White Citizen's Counciler or the Ku Klux Klanner, but the white moderate, who is more devoted to "order" than to justice; who prefers a negative peace which is the absence of tension to a positive peace which is the presence of justice; who constantly says: "I agree with you in the goal you seek, but I cannot agree with your methods of direct action"; who paternalistically believes he can set the timetable for another man's freedom; who lives by a mythical concept of time and who constantly advises the Negro to wait for a "more convenient season." Shallow understanding from people of good will is more frustrating than absolute misunderstanding from people of ill will. Lukewarm acceptance is much more bewildering than outright rejection.
Martin Luther King, Letter from Birningham Jail.
Qui il perché di questo post proprio oggi.

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Matematica dilettevole (nonché utile).

Ho l'impressione che i blogger che si occupano di scienza o affini l'abbiano letto già tutti. Beh, io qui lo linko lo stesso - a mo' di chiosa e ringraziamento per questo post di Silvia. E ne segnalo l'acuta analisi del matematico indie (il permalink del post non va, comunque è il primo post del giorno - cioé, l'ultimo ad essere stato scritto). Ladies and gentlemen - La teoria dei giochi applicata all'annoso problema: il maschietto di casa deve tirare giù l'asse del gabinetto? (Per tutti i curiosi-ma-impauriti-dalla-matematica: il segreto è ignorare i conti. Prenderli per buoni. Seguite il ragionamento. E, tutti quanti, state seduti su qualcosa di solido - non fate come me, che mi sono quasi capottata giù dalla sedia.)

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martedì, febbraio 07, 2006

Wagnerite.

(Un post in progress.) Sto ascoltandomi di nuovo il Ring. Tutto a fila, ovviamente. Nei momenti clou mi dimeno sulla sedia. Il fiancé ha imparato a non preoccuparsi. Al mio racconto della scena di Alberich con le Ondine commenta: Lui sta lì sotto a guardare 'ste qua che gliela fanno intravedere ma non gliela danno? In mezzo a effetti di luce e suono? Ma non poteva andare in discoteca come tutti? Wotan, non ce n'è, è il più figo (non c'è altro modo di metterla) della faccenda. Froh nel Rheingold ridefinisce il concetto di Tenore Inutile ((c) Giorgia). Donner, almeno, dà l'aria di essere un po' teppistello. Loge, ah. Loge. Ma io continuo a parteggiare per Wotan. (D'accordo, è stronzo la sua parte a prendere sottogamba le Ondine.) Il primo atto della Walküre, resta a ogni ascolto quel capolavoro della pornografia che è. Nel migliore dei sensi, beninteso. (Ora vado, i fratelli stanno per riconoscersi, e tutto quel mulinare di spadoni e corni che segue.) La tirata di Fricka sulla difesa dei valori della Vera Famiglia pare uscita da Buttiglione. (Da Ruini no, c'è una qualità di piangnisteo di bassa lega e dignità inferiore a cui il signor cardinale si abbasserebbe.) Ma come si fa a non parteggiare per Brünnhilde, la ragazzina spaccatutto in noi? La capacità di Wotan di avere ancora il fiato per quel "Das Ende!" dopo mezz'ora di monologo mi lascia sempre basita. Sieglinde, diciamola tutta, a volte è un po' lagna. Il finale del secondo atto, semplicemente, spacca. Come ovviamente l'incipit del terzo atto. Ma quello lo sanno tutti. Anche se non tutti conoscono quanto. Ogni volta sembra che le valchirie stiano per atterrarti sul coppino: loro, i cavalli, i cadaveri degli eroi, e tutti i venti che i violini del golfo mistico di Bayreuth possono evocare. Sì, Sieglinde è un po' lagna (anche se ne ha donde, data la sfiga che si porta appresso). E indecisa - prima vuole solo morire, poi "Ohi, voi, tipe, su, voi con gli scudi, allora, mi proteggete anche se sta arrivando Wotan incazzato come una iena, vero?". Il rapporto tra Brünnhilde e papà Wotan mi sembra ogni volta di più un po' incestuosetto (Non bacerò più la tua bocca di bimba, ahem!). La distinta sensazione di inevitabilità con cui nota dopo nota, battuta dopo battuta, si costruisce la strada per il finale - dell'opera, e del ciclo: il fuoco della rupe di Brünnhilde, e il fuoco che consuma il Walhalla, che poi sono sempre Loge - è quanto di più tragico nel senso del genere teatrale. (Avrei quasi detto "nel senso greco".) Eccolo, Leb' wohl, du kühnes. Eccola, la lacrimuccia. Eccolo, il fuoco. Ed eccolo, Wotan che getta da sé le basi per la sua caduta. E lo sa quel che sta facendo, tirando in mezzo la sua lancia. (Ecco, questo suo cercare attivamente la propria sconfitta non mi pare proprio da eroe greco. Ettore, va bene: ma a Ettore non andrebbe proprio di morire.) Siegfried è il solito simpatico pisquano adolescente che contesta papà portandogli a casa gli amichetti gangsta (nella fattispecie, se non avete in mente l'opera, si tratta di un orso) e facendogli domande imbarazzanti. In tutto ciò, la sfiga di Mime-versione-single-parent fa quasi tenerezza. Wotan entra in scena, parte il sospiro libero. Se pensate che Wagner non possa essere entertaining, non avete provato la scena degli indovinelli. Sì, dico a voi che vi sparate la colonna sonora di Star Wars a massimo volume. Torna il nostro pisquano preferito. Mi preparo a saltellare per la forgiatura della spada. Qualcuno ha chiesto "Ma è un doppio senso" quando ho detto "forgiatura della spada"? Lo preghiamo di attendere... ecco... la lima che raspa a tempo... i colpi ritmici d'incudine... e il nostro tenore che tira fuori l'acuto mentre fa vedere al genitore che la sua spada è tanto dura da spaccare a metà l'incudine. Rispondetevi da voi. Il tema del drago (avrei dovuto scriverlo già riferendo del Rheingold) mette i suoi bei brividi anche con la luce accesa. Ed è stato pensato per essere eseguito in teatro con le luci abbassate. Il faccia a faccia tra Wotan e Alberich si risolve in parità. Wotan ha più stile, ovvio. Ma Alberich non manca di argomenti a cui lo stile non basta per rispondere. Con Fafner, intanto, che è tutta la paura che può fare l'inerzia di una montagna, enorme e stupida. (Anche Siegfried è stupido, a modo suo. Ma è vivo. Fafner è già morto da un'opera e mezza.) Ed ecco che tornano in scena il tripudio ormonale e il premio-sfiga dell'anno. Lo sketch di Siegfried che cerca di imitare l'uccellino con il corno e ottiene l'effetto "trombetta di latta". Inutile, non riesco a non parteggiare per il bambinone. Lo scontro con Fafner, di nuovo l'inevitablilità tragica - e che sia portata avanti dai suggerimenti un delizioso uccellino è quanto di più crudele. In tutta quest'opera gli esseri umani-o-affini sono crudeli, ma la Natura lo è sempre di più.

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lunedì, febbraio 06, 2006

31 giorni, 800 vite.

In Iraq.
dates, locations and circumstances of deaths as a result of the insurgency in Iraq for January 2006

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sabato, febbraio 04, 2006

Se Ismaele piange, Isacco non ha proprio da sbellicarsi.

Volevo fare da tempo un post su questo articolo del Corriere della Sera Magazine riportato da Peperosso; ma solo oggi mi rendo conto delle sue parentele con il caso-del-giorno. In breve, l'antefatto. Una signora ebrea invita amici a cena. Uno degli ospiti ha la bella pensata di portare in dono un piatto a base di frutti di mare. Il piatto torna a casa intonso. Ora, una gaffe capita a tutti. Fa specie quanto poco si sappia di una cultura presente in Italia da più di duemila anni; ma al dunque si vive, si sopravvive e si impara - no? No, evidentemente. La signora Baresani, presente all'accaduto, si sente in dovere di deplorare a mezzo stampa nazionale il fatto che un'ebrea segua i dettami della sua religione, con una foga degna di un bando dei prosciutti dal territorio nazionale. Buongiorno, tolleranza. (I collegamenti con il caso-delle-vignette sapete farveli da voi, credo.)

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Contraddizioni in seno alla fedele.

Tendo a prendere abbastanza alla lettera quella faccenda della venerazione dovuta a Dio solo, e ad essere un po' sensibile a quell'altra faccenda del non venerare immagini. Vivo in un Paese in cui a ogni piano di ogni ospedale pubblico c'è una Madonna con Divin Figliolo. La cosa mi crea qualche problema, a volte (ci tornerò su in un post a parte, però). Quando sono stata a Parigi, ho passato un'ora a guardare la Vergine delle Rocce di Leonardo. Ho amici a cui capita di tirare bestemmioni da competizione in mia presenza. Accetto le loro scuse, dando loro dei mangiabambini trinariciuti solo in situazioni in cui è chiaro che scherzi. La libertà di stampa è, per me, un diritto inalienabile. L'umorismo da minstrel show mi rende - semplicemente - idrofoba. L'idea che quegli altri siano trascurabili mi pare stupida, pericolosa, e stupida (sì, stupida due volte). Ma soprattutto: l'idea che quegli altri siano trascurabili mi pare stupida, pericolosa, e stupida (sì, stupida due volte). E, se non fosse chiaro: l'idea che quegli altri siano trascurabili mi pare stupida, pericolosa, e stupida (sì, stupida due volte). Poi, per quel che vale. Quella del turbante-bomba pare degna degli ebrei con il naso adunco, questa non mi dispiace, a questa manca il genio per essere dei Monty Python, alcune temo siano comprensibili solo a dei danesi, e il signore nel deserto - ecco, mi fa una certa tenerezza, nel suo tentativo di stare a mezzo di due culture. Quanto a Frattini, mi aspetto che (come giustamente puntualizzato da Delio) si batta anche perché venga trasmesso in Italia l'episodio di South Park con la Madonna sanguinante. (Grazie a Angelita dei F4 per i link alle vignette.) Update. E tutto quello che avrei voluto dire lo dice questo post di leonardo, e anche i commenti valgono la pena di essere letti.

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giovedì, febbraio 02, 2006

Premi di laurea, premi di provincia.

Ossia "queste cose le sai, e sai dove comincia / la grazia o il tedio a morte del vivere in provincia". Girando per siti di università italiane, mi sono trovata con una cultura sui premi di laurea nel Paese, tre risate, e un grande sconforto. La cultura resterà fine a se stessa: non ho trovato un premio applicabile al mio campo di lavoro. Non ne faccio un dramma, economicamente sono messa piuttosto bene - anche se penso a un mio omologo con una famiglia meno ricca, e le scatole girano un po'. Lo sconforto e le risate per mascherarlo, invece, sono più profondi - e toccano qualcosa di grave e attuale, anche se non nuovo. Quei premi sono - nella grande maggioranza dei casi - una meravigliosa e terribile lente di tutta la provincia italiana. Dico "provincia" nel bene e nel male: ho fatto un bel po' di anni di università in provincia, molti in un collegio frequentato da ragazze di provincia, di cui una è stata anche la mia morosa per quasi tre anni e mezzo; ora convivo felice con il mio fiancé, che non viene certo da una metropoli - ed è uno dei suoi lati che ho sempre trovato più affascinante. Ma ritorno ai premi di laurea. Si possono individuare in tre categorie fondamentali: "zia Flaminia", "come facciamo le belle cose" e "le meraviglie della tecnica". La prima è: "Zia Flaminia che era tanto buona e tanto brava". La fondazione "Flaminia Madellis"[1], costituita dai nipoti di Flaminia Madellis e dal parroco del paese natale di Flaminia Madellis, premia con mille euro una tesi in lettere sulle poesie di Flaminia Madellis, disponibili solo nelle edizioni "San Secondo Parmense"[2], anno di grazia 1954. Per la cronaca, il premio andrà all'avvertito nipote del parroco suddetto o al suo giovane protegé (non pensate male! è che è tanto un bravo ragazzo, lo segue da quando aveva otto anni e cantava nel coro, l'ha consigliato sull'università e lo consiglierà pure sulla ragazza da sposare per innalzare la sua posizione sociale quando verrà il momento, marriage is the name of the game[3], a maggior gloria di Dio e del paesello natale di cui il signor parroco è l'unica e vera autorità continuata, in saecula saeculorum amen). La seconda categoria si potrebbe chiamare "Come facciamo le belle cose noi nel nostro bel paese", e presenta due sottocategorie: locale e globale. La versione locale è di fatto una variazione sulla prima categoria: la fondazione "Vigolo Vattaro"[4], composta dal sindaco e dai maggiori albergatori di Vigolo Vattaro, nonché dal parroco di Vigolo Vattaro, premia con millecinquecento euro una tesi sui successi dell'imprenditoria alberghiera a Vigolo Vattaro e dintorni. A differenza di quanto accade nella prima categoria, il premio si terrà per due anni in modo da far vincere sia il nipote del parroco che il nipote del sindaco. La versione globale si dà un tono di roba seria: l'associazione italiana produttori tessili di Ospedaletto Lodigiano[5] premia con duemila euro una tesi dal titolo "il successo del tessile italiano sul mercato mondiale nel 2005". Non so chi vincerà, ma non sarà un'analisi di come i cinesi ci stiano facendo scarpe, mutande e pure canottiere. Per finire, "le meraviglie della tecnica". Qui le fondazioni sono nazionali o quasi, o sono aziende, spesso internazionali. I problemi affrontati sono di respiro più ampio. Ad esempio "rapporti di lavoro nel settore del credito" promosso dall'Associazione Bancaria Italiana, o "compilazione just-in-time per Java Bytecode orientata a macchine con parallelismo VLIW" (grazie, fiancé), o "Uso della fotografia aerea in archeologia" (questo lo vinse una mia compagna di collegio). Il premio non andrà al figlio del cugino del presidente della fondazione - alcuni premi lo proibiscono formalmente. Ma, al dunque, qual è il problema? Il problema è che sono tutti legati a titoli molto, molto specifici - e, chiedo scusa per il bisticcio, con tutta la tesi già scritta nel titolo. E sono sempre tesi rassicuranti. Tutto va bene, cari concittadini; siamo bravi e belli tanto che su di noi scrivono tesi di laurea; siamo sempre un modello agli occhi del mondo; Gino, passa il quartino, Gianni, è l'età dell'ottimismo. Non sono - al dunque - tesi di valore scientifico. Non pongono problemi. Non sollevano dubbi, non aprono il campo ad altre tesi e contro-tesi. Sono, nelle parole di uno scienziato vero, cargo cult science. Sono titoli nobiliari che hanno corso legale solo all'interno della valle o della provincia, in un monopoli autoreferenziale e a poco prezzo (e a poco prezzo proprio perché autoreferenziale) che perpetua se stesso identico di generazione in generazione. Il mondo, intanto, va avanti: ma farlo notare è inopportuno, anche se forse sarebbe nell'interesse dei cari concittadini. Fa eccezione la terza categoria. In cui, però, spicca l'assenza di studi di base: è premiata quasi sempre un'applicazione pratica immediata e possibilmente d'effetto. Per fare un esempio nel mio campo (o quasi): su un mezzo centinaio di università, c'è al massimo un premio di laurea per una tesi in analisi funzionale o in topologia algebrica[6]. Ed è vincolato all'aver conseguito la laurea in una università specifica: il che non sarebbe un problema, se i premi di laurea suddetti fossero qualcuno di più, e non rimanesse quel vago retrogusto di autoreferenzialità che, uscita dalla porta, rientra dalla finestra. Cerco di non prendermela troppo e di pensare a Londra. Non penso che sia o sarà il paradiso, per carità. Ma mentre passo in rassegna le borse offerte da quella che potrebbe essere la mia futura università (penso alle borse per gli studenti dei paesi in via di sviluppo, alle borse per gli studi dei rapporti tra donne e istituzioni politiche, alle borse a quattro zeri per gli studenti migliori), mi sembra sempre di più che qui si stia in un eterno limbo, ripetendoci a memoria sempre gli stessi versi di Virgilio - Tìtire tù patulàe recubàns sub tégmine fàci... Una nota conclusiva: la divisione tra materie umanistiche e materie scientifiche conta poco, in tutto questo. Oggettivamente, le tesi di aria fritta sono più in campo umanistico che scientifico: ma credo dipenda in parte dalle maggiori chances per svicolare con aulici discorsi offerti da una materia umanistica (il che va a tutto onore degli scienziati seri del campo, peraltro) e soprattutto al fatto che in Italia la Cultura Vera resta l'erudizione umanistica. Ma questo è un altro discorso, che per quanto parallelo e figlio di questo, mi riserverei per un'altra volta... (Diamo le fonti: una buona parte dell'ispirazione viene da questa pagina: arrivata al "Connubbio [sic] donna/sport" mi sono sentita male.) [1] Vi sfido a beccare questa citazione. Senza Google, che dà solo un risultato in spagnolo. [2] Con tutto l'affetto per San Secondo Parmense, che ha dato i natali a un po' di miei parenti materni. [3] Will Eisner, The Name of the Game, ed.it. Le regole del gioco. Uno che ha capito tutto degli esseri umani, di città e di provincia. [4] Con tutto l'affetto per Vigolo Vattaro, dove le mie zie paterne vanno a camminare tutte le estati da circa ottant'anni. [5] Stavolta è il nonno materno, e così le origini della famiglia sono coperte tutte. [6] Tradotto in materie umanistiche, sarebbe come se non ci fosse nemmeno un premio di laurea per una tesi in filosofia morale. Ora che ci penso, non ricordo neanche un premio di laurea per una tesi in filosofia morale.

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