(Un
post in progress.)
Sto ascoltandomi di nuovo il
Ring.
Tutto a fila, ovviamente.
Nei momenti
clou mi dimeno sulla sedia. Il
fiancé ha imparato a non preoccuparsi.
Al mio racconto della scena di Alberich con le Ondine commenta:
Lui sta lì sotto a guardare 'ste qua che gliela fanno intravedere ma non gliela danno? In mezzo a effetti di luce e suono? Ma non poteva andare in discoteca come tutti?
Wotan, non ce n'è, è il più
figo (non c'è altro modo di metterla) della faccenda.
Froh nel
Rheingold ridefinisce il concetto di Tenore Inutile ((c)
Giorgia). Donner, almeno, dà l'aria di essere un po' teppistello.
Loge, ah. Loge.
Ma io continuo a parteggiare per Wotan.
(D'accordo, è stronzo la sua parte a prendere sottogamba le Ondine.)
Il primo atto della
Walküre, resta a ogni ascolto quel capolavoro della pornografia che è. Nel migliore dei sensi, beninteso.
(Ora vado, i fratelli stanno per riconoscersi, e tutto quel mulinare di spadoni e corni che segue.)
La tirata di Fricka sulla difesa dei valori della Vera Famiglia pare uscita da Buttiglione. (Da Ruini no, c'è una qualità di piangnisteo di bassa lega e dignità inferiore a cui il signor cardinale si abbasserebbe.)
Ma come si fa a non parteggiare per Brünnhilde, la ragazzina spaccatutto in noi?
La capacità di Wotan di avere ancora il fiato per quel "Das Ende!" dopo mezz'ora di monologo mi lascia sempre basita.
Sieglinde, diciamola tutta, a volte è un po' lagna.
Il finale del secondo atto, semplicemente,
spacca.
Come ovviamente
l'incipit del terzo atto. Ma quello lo sanno tutti. Anche se non tutti conoscono quanto. Ogni volta sembra che le valchirie stiano per atterrarti sul coppino: loro, i cavalli, i cadaveri degli eroi, e tutti i venti che i violini del golfo mistico di Bayreuth possono evocare.
Sì, Sieglinde è un po' lagna (anche se ne ha donde, data la sfiga che si porta appresso). E indecisa - prima vuole solo morire, poi "Ohi, voi, tipe, su, voi con gli scudi, allora, mi proteggete anche se sta arrivando Wotan incazzato come una iena, vero?".
Il rapporto tra Brünnhilde e papà Wotan mi sembra ogni volta di più un po' incestuosetto (
Non bacerò più la tua bocca di bimba, ahem!).
La distinta sensazione di
inevitabilità con cui nota dopo nota, battuta dopo battuta, si costruisce la strada per il finale - dell'opera, e del ciclo: il fuoco della rupe di Brünnhilde, e il fuoco che consuma il Walhalla, che poi sono sempre Loge - è quanto di più
tragico nel senso del genere teatrale.
(Avrei quasi detto "nel senso greco".)
Eccolo,
Leb' wohl, du kühnes.
Eccola, la lacrimuccia.
Eccolo, il fuoco.
Ed eccolo, Wotan che getta da sé le basi per la sua caduta. E lo sa quel che sta facendo, tirando in mezzo la sua lancia.
(Ecco, questo suo cercare attivamente la propria sconfitta non mi pare proprio da eroe greco. Ettore, va bene: ma a Ettore non andrebbe proprio di morire.)
Siegfried è il solito simpatico pisquano adolescente che contesta papà portandogli a casa gli amichetti gangsta (nella fattispecie, se non avete in mente l'opera, si tratta di un orso) e facendogli domande imbarazzanti. In tutto ciò, la sfiga di Mime-versione-single-parent fa quasi tenerezza.
Wotan entra in scena, parte il sospiro libero.
Se pensate che Wagner non possa essere
entertaining, non avete provato la scena degli indovinelli. Sì, dico a voi che vi sparate la colonna sonora di
Star Wars a massimo volume.
Torna il nostro pisquano preferito. Mi preparo a saltellare per la forgiatura della spada.
Qualcuno ha chiesto
"Ma è un doppio senso" quando ho detto "forgiatura della spada"? Lo preghiamo di attendere... ecco... la lima che raspa a tempo... i colpi ritmici d'incudine... e il nostro tenore che tira fuori l'acuto mentre fa vedere al genitore che la sua spada è tanto dura da spaccare a metà l'incudine. Rispondetevi da voi.
Il tema del drago (avrei dovuto scriverlo già riferendo del
Rheingold) mette i suoi bei brividi anche con la luce accesa. Ed è stato pensato per essere eseguito in teatro con le luci abbassate.
Il faccia a faccia tra Wotan e Alberich si risolve in parità. Wotan ha più stile, ovvio. Ma Alberich non manca di argomenti a cui lo stile non basta per rispondere.
Con Fafner, intanto, che è tutta la paura che può fare l'inerzia di una montagna, enorme e stupida. (Anche Siegfried è stupido, a modo suo. Ma è vivo. Fafner è già morto da un'opera e mezza.)
Ed ecco che tornano in scena il tripudio ormonale e il premio-sfiga dell'anno.
Lo sketch di Siegfried che cerca di imitare l'uccellino con il corno e ottiene l'effetto "trombetta di latta". Inutile, non riesco a non parteggiare per il bambinone.
Lo scontro con Fafner, di nuovo l'inevitablilità tragica - e che sia portata avanti dai suggerimenti un delizioso uccellino è quanto di più crudele.
In tutta quest'opera gli esseri umani-o-affini sono crudeli, ma la Natura lo è sempre di più.