mercoledì, giugno 27, 2007

Sabato, Londra.

Se qualcuno dei frequentatori di queste pagine pensa di essere dalle parti del Pride, si faccia sentire. Poi magari non si riesce a incrociarsi, con mezzo milione di persone previste e la qui presente che ultimamente sa avere momenti di imbranataggine epica. (Però ci si prova, no? Quante persone si possono dare appuntamento davanti alla Waterstone's di Trafalgar Square alle quattro di pomeriggio - dài, oserei dire che è quasi originale...)

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venerdì, giugno 22, 2007

Edonismo.

Parrucchiere di lusso. Mentre aspetto che i capelli prendano il colore di cui li voglio bevo una tazzona di ottimo caffe' e scrivo questo post. Seduta su una poltrona-massaggio.

E poi non si dica che non so godermi la vita.

Il seguito. Il solito genietto delle forbici (tutto a forbici, niente macchinetta, niente forbici frastagliate per scalare: e quando dopo due mesi i capelli sono ancora perfetti - e sono corti! - capisci che ne valeva proprio la pena) ha scorciato, scalato, girato la riga, gonfiato. Il risultato è moooooolto fantascienza anni '60. Poi è passata la maga delle sopracciglia, la prova che molte donne hanno un fondo di masochismo: perché pagare per farsi estirpare peli con della cera calda, del filo e degli strumenti di acciaio in una parte sensibile del corpo è anche un po' masochista. Risultato: sto molto bene. Molto. Poi, giretto da Hamley's dove ho trovato un regalo che cercavo da un po'. E per chiudere in bellezza, cena giapponese piuttosto fantastica con il marito, a mo' di celebrazione dell'anniversario di nozze due settimane in anticipo.

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Dietro il divano ma fuori dall'armadio (a questo posto, eccetera).

Elenchiamo i fatti con calma.

La televisione di Stato fa una serie che i bambini si possono vedere il sabato sera, sul divano con i genitori. Sul divano o dietro al suddetto, ché se sei un ragazzino alcune puntate mettono una certa strizza. Pure la qui presente scribacchina manda degli strilli, ogni tanto, che li sentono fino sullo Strand... ma passiamo oltre.

La serie televisiva non porta con sé solo album di figurine e miniature e giocattoli, ma anche dell'ottima fantascienza che ti prende sul serio: ironica e cupissima, e infusa di meraviglia e divertimento e accettazione di fronte all'immensa varietà dell'universo. La serie, quindi, non piace solo ai ragazzini ma anche ai ragazzi più grandi.

La serie è stata in giro dagli anni '60, poi ha smesso negli anni '80, poi nel 2005 è stata ripresa, e al momento conta un produttore/scrittore vulcanico, un protagonista affascinante (anche se non immediatamente), un paio di comprimari mooooolto graziosi.

Fin qui, solo una bella storia di buona televisione.

Ora, un'apparente digressione. Il produttore/scrittore e uno dei comprimari (quello imbarazzantemente bello) sono gay e non ne fanno mistero. E un paio di strizzate d'occhio nei dialoghi non sono cadute nel vuoto: l'allarme violetto, come il personaggio interpretato dal bello sia flessibile* (compreso un bacio appassionato a Christopher Eccleston, e chiamalo scemo). Insomma: la serie piace ai ragazzini, ai ragazzi più grandi, e al circolo del cucito.

E veniamo al dunque. Il Pride di Londra di quest'anno è il giorno del finalone della stagione, in cui il Nostro Eroe dovrà sconfiggere la sua nemesi che è diventata Tony Bl... beh, insomma, la sua nemesi. Come sfilare tranquilli non sapendo come il Dottore salverà il mondo questo sabato?

Qui la soluzione.

* (Ecco, mettiamo la citazione completa per il diletto di tutti i lettori.)
Rose: Are the words "distract the guard" heading in my general direction?
Jack: I don't think that's such a good idea.
Rose: Don't worry, I can handle it.
Jack: I've gotten to know Algie quite well since I've been in town. Trust me, you're not his type. I'll distract him. [beat] Don't wait up.
[Jack moves off. Rose stares after him, whilst the Doctor grins smugly]
The Doctor: Don't worry, he's a 51st-century guy. He's just a little more flexible when it comes to dancing.
Rose: How flexible?
The Doctor: Well, by his time, you lot are spread over half the galaxy.
Rose: Meaning?
The Doctor: So many species, so little time.
Rose: What, that's what we do when we get out there? That's our mission? We seek new life and...
The Doctor: Dance.

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I (don't) feel like dancing.

La delizia di scegliere di restare stravaccata sul divano a prendersela comoda e impigrirsi per un pomeriggio. Scegliere.

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lunedì, giugno 18, 2007

What's next?

Nonostante un capogiro da effetto collaterale che ha fatto rimandare metà esame nel pomeriggio (e perché un capogiro metta fuori gioco la qui presente ce ne vuole), nonostante una tachicardia che a dieci minuti dalla detta ripresa nel pomeriggio mi ha fatto incontrare di nuovo il pranzo, nonostante la mezz'ora buttata a dimostrare una cosa che pareva banale (e se lo fosse, non lo so: alla fine non l'ho dimostrata - aggiungete qui voi improperi a vostro gusto) quando l'esercizio sulla complessità computazionale era facile e se avessi avuto altri dieci minuti l'avrei fatto tutto e non mi sarei limitata a buttare giù lo scheletro della riduzione, nonostante quella fosse la prima macchina di Turing che riuscivo a disegnare.

Anche questa dovrebbe, a occhio, forse, speriamo, essere una sufficienza.

E ora: tesi.

Ma domani, festa del dipartimento: trenta matematici che hanno finito gli esami e birre gratis nell'amena cornice di un pub vittoriano. Pure gli esponenziali si integreranno e non saranno più gli stessi (se non l'avete capita, tranquilli: questa è per addetti ai lavori, e comunque è atroce).

[E, giusto per chiarire che: ci sarebbe anche da andare dal parrucchiere ché ho tre centimetri di ricrescita (taglio tanto? poco? nulla? resto rossa? torno castana?), a farmi spiumare le gambe perché - 'fan... lo so che c'è la macchinetta ma, da rileggere altre quattro volte singhiozzando il finale-finale di Strangers in Paradise, da trascinare il marito a vedere Das Leben der Anderen o almeno Rise of Silver Surfer, da rileggere un pacco di libri che non rileggo da troppo (mi piace leggere, ma amo rileggere), da studiare un po' di html, da andare a mangiare degli sushi molto buoni, da vedere quella stagione di un Dottore in giacca di pelle che un Torrente ha portato sulla piccola Susie, da comprare il peluche a forma di castoro che vendono in università che mi fa ridere ogni volta che passo dal negozietto, da rimettere a posto casa anche se come dice il magnete che ho appena comprato "a clean house is the sign of a wasted life"... E ora ci sarebbe anche da andare a nanna. Good night, sweet ladies.]

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domenica, giugno 17, 2007

27 ore e mezzo (recap).

Come dicevo poco sotto, sono reduce da una settimana interessante. Per chi si chiedesse dove sono sparita, un post sul mio ombelico.

Mercoledì e giovedì c'è stata la combine "due esami in due giorni" - esami per cui mi sono preparata tra domenica e giovedì mattina. Riconoscenza oltremisura a Stefano per avermi sopportato mentre sbollivo i postumi del primo, e un grazie anche all'entità cui il compito pertiene per averci fatto trovare un posto da Food For Thought (ristorante veggie, piuttosto hippie, ottimo ed economico, verso metà di Neal str.) alle 13:20.

Giovedì sera, reduce dalla maratona, da un mezzo secchiello di ali di pollo Tesco-Mex e da una mezza bottiglia di Leffe, controllo la posta. C'è una lettera che, tradotta, suona come "idiota, la scadenza per quella borsa di studio è domani, non a luglio come ti sei scritta sul post-it". Nelson sulla sua colonna dice che va bene essere un marinaio, ma un fraseggio così gli darebbe anche un po' fastidio. Riesco a mandare una mail di scusascusascusascusascusa al Teutonico, prima di crollare a vedere Howl's Moving Castle - qualunque altra cosa richiede troppo alle mie facoltà. Il Teutonico risponde - alle undici meno qualcosa - che la mattina seguente manderà una mail di raccomandazione all'ufficio di competenza.

Venerdì inizia alle sette con la scoperta che il bollitore non va: quindi niente té. Ingollo due gallette di riso e il mio bicchierone d'acqua mentre compilo 14 pagine 14 di domande sulla mia vita, la mia situazione finanaziaria, di quanto era la borsa di studio che ho incassato quando ancora c'erano le lire, che numero porto di scarpe. Più trattatello su "cosa voglio fare" "perché dovete sganciare soldini a me" completo di conteggio parole. Intanto vado alla ricerca di uno straccio di prova che mi permetta di mungere la mia recente diagnosi (e che diamine, uno straccio di compensazione di 'sta ennesima pagina della mia cartella clinica da dieci chili). Il dottore ha chiuso lo studio di venerdì, la capa del disability office è in ufficio funo alle 11:30. Sono le dieci, sono in pigiama, per arrivare in università ci vuole un'ora e devo anche ricaricare la Oyster; ma riesco a farmi lasciare il mio documento dalla counselor di turno. Che quando finalmente arrivo (passando accanto a tre fanciulli che festeggiano l'ultimo esame - qualcosa sulla comunità europea - scolandosi una bottiglia di champagne a stomaco vuoto, e facendone bere metà al marciapiede) è a mangiare. Mi coccolo con una pie vegetariana di Eat, vado a chiedere ulteriori lumi su come compilare la domanda al meglio rimanendo anche chiusa per mezzo minuto nell'ascensore del dipartimento, ritrovo la counselor, faccio altre rampe di scale (la LSE è un labirinto meraviglioso, meglio di un ospedale, se qualcuno ci ambientasse un inseguimento farebbe una gran cosa), consegno la domanda ben tre ore prima della deadline. Poi cerco di studiare, ma mi rendo solo conto di quanto non so. Anche con un po' di cioccolato e té non va meglio. Mi avvio verso casa.

Ma una giornata così non può dirsi conclusa senza... un mezzo svenimento in Charing Cross Station! Con cui vinco un'ora di lettino nell'infermeria locale, una bottiglietta d'acqua gentile dono delle National Rail, e un capostazione che si informa via radio del treno per casa mia. Sul detto treno apprendo dal giornale gratuito che il Pride London si concluderà con qualcosa che mi manda in sollucchero: ma su questo, un altro post.

A casa crollo a dormire alle undici, e a parte una piccola interruzione mattutina per altre due gallette di riso e un bicchierone di succo di pompelmo continuo a dormire fino alle sei di pomeriggio di sabato. Pranzomerendacena, mandato giù con un Doctor Who di cui perdo i primi dieci minuti ma non John Barrowman in: pantaloni con la riga! maglietta bianca! bretelle! che lavora di fatica! (fondamentalmente: pornografia). Poi il sonno riprende il sopravvento.

E ora: in 27 ore e mezzo, prepariamo un esame di matematica discreta. Come diceva Rosie: We can do it!

E poi, poi.

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sabato, giugno 16, 2007

Orgoglio di cittadino.

Non riesco a fare un post - sono giorni complicati. Ma non posso non linkare Michele Serra sul Pride di Roma di oggi - andate, anche solo dieci minuti, anche ai margini del corteo, se appena potete. E mandare mentalmente a quel paese chiunque abbia deciso di commentare un articolo sull'importanza del Pride nel quotidiano di tutti i cittadini

Chi si sente minacciato dall'omosessualità non ha ben chiaro il concetto di libertà. Che è perfino qualcosa di più del concetto di laicità.
con la solita foto di drag queen - e pure non delle più fotogeniche. (Sulla questione "trans e carnevalata": un'altra volta, grazie. Personalmente trovo alcune drag bellissime - e i drag king solleticano il mio lato cresciuto a Salgari e Jules Verne, e hai detto poco. Non avete mai visto un drag king? Ecco, visto che dovete passare nei paraggi di un Pride?)

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venerdì, giugno 08, 2007

1.5 down, 1.5 to go.

Nonostante non avessi studiato un quarto del programma, nonostante un errore di calcolo sul signalling game beccato a 31 minuti dallo scadere del tempo (errore che mandava a ramengo i pooling equilibria e quindi i calcoli sull'intuitive criterion e quindi tutto il 25% di esame che veniva con quell'esercizio), nonostante un blackout sugli assiomi dell'equilibrio cooperativo di Nash (e ho capito in questo momento come ho sbagliato la parte 2 di quell'esercizio, e il mio fraseggio da scaricatore di porto l'hanno sentito fino a Trafalgar Square), nonostante: la full unit di Advanced Microeconomic Theory dovrei (dovrei) averla passata con almeno (forse, sperèmm, incrociamo le dita) una sufficienza e (magari, ci piacerebbe, non vogliamo illuderci) qualcosa di più.

Ora si sfrutta una delle palle Lush gentile dono del RestoDelCognato, mentre si sfrutta quell'angelo del RestoDelMarito per preparare la cena.

Domani mia mamma arriva per un'improvvisata (comunicata ieri sera: "ah, quasi dimenticavo: dopodomani arrivo"), resta qui fino a lunedì.

Prossima tornata, mercoledì mattina e giovedì pomeriggio: con la magica accoppiata Games of incomplete information / Computational learning theory and neural networks (ehi, potrebbe essere un buon nome per una band, "computational learning theory & the neural network"... ok, sono cotta), mezza unit ciascuno.

E poi, poi.

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giovedì, giugno 07, 2007

A questo posto ancora non ci credo (edizione TFL*).

*Transport For London

Una stazione con il postcode che inizia per SE, domenica pomeriggio. RdM seccata: "Acc, il treno è in ritardo di tre minuti, mi spiace." RdCognato in visita: "Marta, ti voglio bene, eh: ma vaff..."

Percarità, una volta me n'è capitato uno in ritardo di un quarto d'ora, e una volta ogni due mesi me ne trovo uno cancellato, e per fortuna non devo prendere la Northern che ha sempre ritardi per lavori, e. E va bene, torno a studiare.

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lunedì, giugno 04, 2007

Burocrazia dell'attacco di panico.

Allora, cosa succede se dopo dieci minuti della tua unica possibilità per fare un esame inizi ad essere disorientata tanto da pensare di poter cadere dalla sedia, a non riuscire più a leggere e a vedere tutto il mondo lontaaaaano? Oltre a pensare che il tuo cervello ha in sé un'alternativa autarchica alla cannabis, intendo.

In Italia, esci dall'aula e speri di stare simpatico al docente che corregge il tuo esame o a qualcuno che conosce qualcuno che ha potere sul docente che corregge il tuo esame.

In Inghilterra, segui le procedure che ti sono state spiegate. E ti affidi alla burocrazia.

Alzo la mano. La sorvegliante dell'aula chiama un altro sorvegliante. Lascio il mio banco, passando tra i banchi altrui - con un capogiro di prima classe, ricordo - ed esco dall'aula accompagnata dal mio chaperon. Vado a sciacquarmi la faccia.

La situazione non migliora, e decido di comunicare che ho un attacco di panico o qualcosa che ci assomiglia molto. Ora, i miei attacchi di panico hanno varie forme, soprattutto da quando sono tenuti a bada con composti chimici: ma tutti hanno in comune il fatto che non riesco più a parlare. Al più, tartaglio. Molto. Quindi l'effetto è

(Chaperon) "If you want, I can call the Student Service Centre. You can continue the exam later in the day." (RdM) "O-o-oo-oh y--yy-ye--yes I-I-I-I'd r-rr-rrr-rath-athe-ther t-tt-to. Tt--th-th-thanks." (sorriso)

Lo chaperon avverte la sorvegliante dell'aula, che segna quanto tempo ho usato delle due ore che avevo a disposizione per l'esame. Poi mi lascia su una seggiola in un corridoio, e fa una telefonata. Dopo cinque minuti arriva una chaperone che mi accompagna in Segreteria Studenti.

A questo punto, l'attacco è tale per cui anche le mie gambe non funzionano benissimo. Quindi il tragitto dall'aula dell'esame alla segreteria da tre minuti diventa di quasi dieci: ma ce la facciamo.

In un delizioso salottino della segreteria studenti, con un bel mazzo di fiori sul tavolo e una libreria piena di romanzi (ho notato Captain Corelli's Mandolin e due copie di The Curious Incident of the Dog in the Night-time), la segretaria addetta a questo tipo di emergenze mi chiede cos'ho, se ho bevuto troppo caffé (no), se sono sotto farmaci (sì), se sono registrata presso il Disability Office (sì), se voglio continuare l'esame più tardi (certo, sono testarda). E riempie un modulo. Ah, io sto continuando a balbettare, e l'effetto è vieppiù quello di Michael Palin in A Fish Called Wanda. Ciliegina sulla torta, inizio ad avere un freddo barbino.

L'orologio della segreteria segna le 12. Sono passate due ore dall'inizio dell'attacco, che ringrazio per il lieve senso di irrealtà con cui ha dipinto il tutto: ogni secondo è durato secoli di rotazioni della stanza, ma i minuti e le ore sono volati. La chaperone mi chiede cosa vuole che mi prenda in mensa. Io, che finalmente non balbetto quasi più, butto lì un "posso accompagnarti, così faccio quattro passi?" ma non posso: potrei comunicare con qualche collega e chiedergli come risolvere l'esame, o qualcuno potrebbe pensare che io potrei, e soprattutto le procedure non lo prevedono. Dopo cinque minuti, mi arriva un panino di gamberetti e maionese (l'opzione più leggera, al dunque), il mio té verde (caaaaaldo, grazie), una lussuosa barretta energetica del commercio equo e solidale (95p. di carica, ne ho bisogno - gli attacchi di questo tipo sono una faccenda estremamente pesante, da un puro punto di vista fisico), e il resto dei 5£ che avevo dato.

Mi rendo conto che il marito sta aspettando mie notizie! E ovviamente il mio cellulare è nell'aula dell'esame. Chiedo cosa posso fare alla chaperone: lei chiede alla sua superiore che dice che chiederà alla sua superiore. Mi sento un bullone sul ponte di uno Star Destroyer, con la Imperial March in sottofondo.

Ore 13:30, il pranzo è finito e si va dal dottore. La dottoressa ha un golfino appeso sulla porta, io ho sempre un freddo barbino. Con la mia migliore faccia tosta, le chiedo di prestarmelo per il tempo della visita. La dottoressa scuote il campo, mi passa il golf. Poi mi guarda cinque minuti, mi chiede se soffro di qualcosa e cosa sto prendendo e da quanto e se ci sono effetti collaterali, e mette la sua firma sul suo modulo. E si riprende il suo golfino.

Sono le due, e mi dicono che ho un'altra faccia. E posso anche chiamare il marito. Dal telefono della segreteria, e parlando in inglese. Il risultato è la telefonata più surreale della nostra relazione - come può testimoniare la segretaria deputata ad ascoltarla.

Tra le 14:30 e le 14:45, distruggo quel che c'era da distruggere dell'esame. Poi consegno, passo un corridoio, scendo due scale - quando esco su Aldwych sto piangendo a dirotto: una crisi a tutto tondo come non ne avevo da tempo.

In un lampo di lucidità mi dirigo al Disability Office. La meravigliosa segretaria mi mette in mano un box di Kleenex e un bicchiere d'acqua, e mi fissa un appuntamento con la counselor per la settimana dopo, per sviscerare i segreti della lettera di "mitigating circumstances". La counselor si prende anche cinque minuti per mettermi in condizioni di andare a casa - mostrandomi il suo porcellino scacciastress, e in quel momento avrei potuto giurare di non aver mai visto qualcosa di più divertente.

Il giorno dopo mi arriva una lettera dalla segreteria studenti in cui mi spiegano come scrivere una lettera di "mitigating circumstances", e si dicono a mia disposizione per ulteriori informazioni.

(La lettera la devo ancora scrivere. Ora sono impegnata a passare gli esami che restano: il prossimo, se Dio vuole, è venerdì tra le 14:30 e le 17:30 - più mezz'ora di "rest time" per noi "bambini speciali". Poi: 13 mattina, 14 pomeriggio, 18 mattina. Poi, poi.)

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A futura memoria della mia lascivia culinaria.

Giusto perché il mio motto potrebbe essere "Nel dubbio, mangia bene", ieri sera siamo andati al ristorante bello della zona con i suoceri. Senza battere ciglio - ma godendomi scrupolosamente fino all'ultimo pezzettino di menta fresca - mi sono spazzolata:

  • Baby Spinach & Broad Bean Salad with crispy pancetta & poached quail eggs
  • Confit of Duck Leg with hispi cabbage, pomegranate & parsnip puree*
  • Crushed New Potatoes** with mint
  • Basket of Assorted Bread*** with olive oil and butter
  • Chocolate Nemesis**** with clotted cream ice cream

* Il cavolo era appena scottato, ancora croccante, e tagliato a striscioline abbastanza fini da prendere su il sughetto in cui si mescolavano il succo di melagrana e il grasso residuo della coscia e sottocoscia di anatra dalla pelle croccante.
** Jersey Royal, per la precisione. La varietà delle patate in questi lidi è uno spettacolo.
*** Appena sfornato. Bianco - farina tipo 2, a occhio - e nero alle noci, favoloso.
**** Una megamousse di cioccolato amaro. Con tre spicchi di mandarino - spelati - accanto.

E non ho preso il piatto di formaggi misti solo perché il cognato non ha colto i miei inviti a smezzarcene uno.

(No, questo post non ha molto senso o utilità. Serve giusto per segnalare un buon ristorante - che sta in una zona di Londra dove passano solo i residenti, ma transeat. E dare il mio contributo a confutare il mito "in Inghilterra si mangia male". E tenere viva la fama del mio lato da pitonessa, ovviamente.)

(Ah, per inciso: tra un mese il marito e io vorremo festeggiare un anno di matrimonio. Oh frequentatori di questo blog, cuochi e buongustai viaggiatori, suggerimenti su un ristorante adatto a tanta occasione qui a Londra? Ogni cucina va bene, tranne greca e turca - io sono pesantissimamente intollerante ai cetrioli. Quanto al budget: non folle. Ma, come avrete intuito, ci piace mangiare bene.)

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